Quando la vita ci mette di fronte alle sue sfide, una delle classiche domande che ci poniamo è questa: «Come si fa a capire quando è giusto dire di SÌ e quando invece dovremmo dire di NO?».
Non è facile dare una risposta netta, perché le variabili sono davvero tante e a volte è giusto dire di SÌ, mentre altre volte è giusto dire di NO!
Ma partiamo da due premesse fondamentali, che possono aiutarci a scegliere il SÌ o il NO.
1. Sempre, sempre, sempre, la via da scegliere nella vita è quella che diminuisce il nostro senso dell’ego e fa sì che ci identifichiamo con una realtà più vasta di ciò che crediamo di essere, limiti compresi. A questo dovremmo sempre dire SÌ, mentre invece dovremmo sempre dire NO a tutto quello che asseconda e accresce il nostro ego, facendoci contrarre nella paura, nell’egoismo e nella convinzione di essere piccoli e fragili.
2. Al tempo stesso, però, un’altra importantissima premessa è che non dovremmo mai perdere l’equilibrio e la pace interiore.
Espandere il nostro essere un po’ alla volta, quindi, fino all’infinito, rimanendo però in armonia e facendo attenzione che il nostro “elastico” non si spezzi.
Perfetto! Ma come fare a capire se la nostra vicinanza al “punto di rottura” è un vero e proprio burnout in arrivo, o se è l’ego che solleva un gran polverone per paura, appunto, di rompersi e di lasciare spazio a una consapevolezza espansa di ciò che veramente siamo?
La prima cosa da ricordare è che l’espansione è un processo graduale. Dobbiamo accompagnare il nostro ego a mollare la presa e a rispondere SÌ a pieni polmoni a tutte le opportunità evolutive che la vita ci manda, ma questo non è il lavoro di un giorno… e neanche di una sola vita. Se siamo già capaci di farlo, e di farlo sempre, vuol dire che ci stiamo già lavorando sopra, probabilmente, da centinaia di vite!
Come quella meravigliosa e avanzatissima discepola di Yogananda, Sister Gyanamata, che pur essendo ormai anziana e invalida, diceva sempre alle discepole più giovani: «Se il Maestro vi dice che desidera qualcosa da me, voi non cercate di proteggermi: dite immediatamente di sì, e io poi troverò il modo di farlo!».
Come in tutte le cose, è una questione di allenamento, e Gyanamata sicuramente lo aveva fatto già per molte vite: un allenamento quotidiano a dire di sì, e anche rapidamente, al tempo stesso rafforzandosi sempre più per non crollare come alberelli sradicati dal vento!
Il primo passo per farlo è riconoscere alcune delle più comuni scuse e giustificazioni del nostro ego. Ecco alcuni trucchi.
1. LA STANCHEZZA: quando ci sentiamo troppo stanchi per affrontare una determinata “avventura” della vita, per capire se c’è sotto una manipolazione dell’ego o se veramente siamo sull’orlo di un crollo – e quindi è giusto dire di no – è sufficiente chiederci: «Se fossi riposato, o se potessi riposarmi prima di farlo, farei volentieri questa cosa?». E anche: «Se adesso mi offrissero l’opportunità di fare … (aggiungi la tua attività preferita), la farei comunque?».
Se la prima risposta è «no» e la seconda è «sì»… probabilmente la nostra “stanchezza” nasconde ben altre resistenze! Possiamo allora fare un pisolino e/o qualche esercizio di ricarica e, immaginando di sentire la voce di Yogananda che ci dice: «Come può l’energia essere stanca?», partire all’attacco e abbraccia l’avventura con un grande SÌ!!!
2. L’INGIUSTIZIA: quante volte, di fronte a qualcosa che ci viene chiesto, diciamo: «No, non è giusto!». Come riconoscere se il senso di ingiustizia che sentiamo viene dall’ego o è un sussurro dell’anima, che vuole farci respingere qualcosa di realmente contrario al dharma, alla giusta Via?
La prima cosa che possiamo fare è osservare il tono con cui si formano quelle parole dentro di noi: è il classico «Sniff, non è giusto!» detto con tono un po’ lagnoso, da vittima? O forse è un tono altezzoso, con la puzza sotto il naso, da «Lei non sa chi sono io!»? In entrambi i casi… questa sfida, molto probabilmente, è proprio la cosa giusta per farci uscire da quegli stati di coscienza limitati!
Se, invece, sentiamo (o sappiamo) con certezza che quella cosa è realmente sbagliata e adharmica, allora un bel «no», detto con rispetto (per lo stato evolutivo di chi ce la propone) e con calma (la centratura dell’anima) potrebbe proprio essere la cosa giusta per allinearci alla nostra anima.
C’è, tuttavia, anche un’altra ipotesi: non è davvero giusto, ma non farlo sarebbe altrettanto ingiusto, magari perché metterebbe nei guai qualcuno che faceva affidamento su di noi. Si tratta, insomma, di capire quale dei due sia il dharma superiore, perché «Quando un dharma (dovere) inferiore è in conflitto con un dharma superiore, cessa di essere un dharma».
(Tra parentesi: c’è un intero capitolo dedicato al dharma nel mio libro (e audiolibro) Come manifestare i desideri dell’anima).
3. NON MI PIACE, NON NE HO VOGLIA: queste, a prima vista, potrebbero sembrare due frasi che indicano ego, ma non è sempre così.
Da un lato, dobbiamo fare molta attenzione a non lasciare che la nostra vita sia governata dai desideri e dalle emozioni. Tra le numerosissime perle di saggezza di Gyanamata, ci sono anche queste: «Diamo troppa importanza a come ci sentiamo». Il senso è che, se una cosa è giusta e fa bene alla nostra anima, non importa se ci piace o non ci piace: semplicemente, va fatta!
Non a caso, la definizione stessa di Yoga, secondo Patanjali, è «Yogas chitta vritti nirodh: lo Yoga (l’unione con Dio) è la neutralizzazione dei vortici del sentimento», cioè di tutti quei «mi piace» e «non mi piace» che invadono la nostra mente sotto la spinta dell’ego.
Al tempo stesso, però, di fronte a determinate circostanze può esserci dentro di noi una profonda sensazione di rifiuto, quasi un pianto dell’anima: la consapevolezza che quella situazione non è giusta per noi, che è contraria alla nostra crescita ed espansione. Spesso perché è un qualcosa di vecchio, che porta a galla vecchie parti di noi che stiamo cercando di trasformare, o perché ci distoglie dal nuovo che sta cercando di farsi strada nella nostra vita.
Anche in questo caso, vale lo stesso criterio: qual è il dharma più alto? Non sempre, neppure di fronte alla voce profonda e vera dell’anima, è possibile o giusto abbandonare i nostri impegni e le nostre responsabilità. In quei casi – come, del resto, sempre! – la soluzione è interiore: trovare gioia nell’atto stesso di mantenere fede al dharma, gioia nel superare un limite interiore, gioia nell’essere utili anche se tutto il nostro essere vorrebbe fare altro o essere altrove. E, tutto questo, con la consapevolezza che «Yato dharma, tato jaya: dove c’è la giusta azione, c’è la vittoria».
E non solo, anche ricordando che, spesso, il sacrificio che facciamo ci aiuta a bruciare le ultime tracce di karma che ci impedivano di abbracciare e attirare nuove situazioni, più in sintonia con la nostra anima.
Per poter sviluppare questo atteggiamento elevato, Yogananda ci consiglia questa affermazione:
«Caro Padre, non importa quali circostanze io mi trovi ad affrontare, so che rappresentano il prossimo passo nel mio progresso. Accoglierò ogni prova, perché so che in me c’è l’intelligenza per comprendere e il potere per vincere».
Possano i nostri «SÌ» essere sempre più gioiosi, e possano i nostri «NO» portarci a un sempre maggiore allineamento con la Verità e con il dharma!